Imperfetti - storie di chi ci prova
Riparare il passato - promettersi il futuro
Non sono tempi facili per i costruttori di ponti.
Nel mondo si moltiplicano i conflitti, i confini s'infiammano, i muri sorgono e si allungano, creando fratture che segnano il paesaggio, dividendo un mondo che credevamo sempre più connesso.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, nel mondo si contavano sette muri o recinzioni di confine. Quando il Muro di Berlino è caduto nel 1989, ce n'erano 15.
Oggi ci sono almeno 77 muri o recinzioni in tutto il mondo, molti dei quali eretti dopo gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 a New York e al Pentagono.
Non tutti sono di cemento. Ci sono barriere di filo spinato, steccati elettrificati ma anche i cannoni sonori usati per respingere i migranti dalla polizia greca o le fototrappole nascoste nei boschi.
Storicamente i muri sono dimostrazioni di forza da parte di governi che possono rendere visibile il loro operato. Nella realtà dei fatti nascondono i problemi e creano divisioni che vanno molto al di là dello spazio.
Al termine del suo saggio Vita Activa Hannah Arendt introduce i concetti di perdono e promessa. L'azione umana, sostiene l'autrice, soffre di due grandi limiti: l'irrimediabilità del passato e l'imprevedibilità del futuro. Per affrontare questi limiti abbiamo a disposizione solo due strumenti:
Contro l'irrimediabilità delle offese di un tempo l'unico antidoto è il perdono.
Contro l'imprevedibilità del futuro l'unico antidoto è rappresentato dalla promessa.
Perdonare significa (ri)costruire ponti insomma.
Di questo si occupa la giustizia riparativa che non dimentica o assolve, ma aiuta vittime e responsabili ad andare avanti con le loro vite.
Questa pietra è uno dei Palazzeddhi della Città di Pietra. Nasce dalle cave di granito di Tempio Pausania per poi arrivare nel carcere della città. Qui si trasforma grazie all'incontro dei detenuti e dei giovani tempiesi con l'arte, la storia e le tradizioni locali diventando una casa, un palazzo, un edificio parte della Città di Pietra.
Proprio a Tempio, nel nord della Sardegna, è nata la prima comunità riparativa d'Italia, dopo la costruzione, nel 2011, del nuovo carcere di Nuchis, località a sei chilometri dal centro urbano. Nel 2012 l'istituto penitenziario diventa di massima sicurezza e l'arrivo di detenuti condannati per reati molto gravi, come l'associazione di stampo mafioso, creò preoccupazione nella comunità tempiese. Una frattura appunto fra il carcere e la città. Da qui nasce il percorso di Tempio città riparativa. Per sanarla l'Università di Sassari, l'istituto penitenziario, il Consiglio comunale, le Ong locali hanno iniziato a lavorare insieme per costruire un nuovo rapporto con il carcere.
In questa puntata di Imperfetti ho intervistato la Professoressa Patrizia Patrizi che ha visto nascere il progetto ed è a capo del Forum Europeo di Giustizia Riparativa. Insieme a lei per parlare del carcere e di argomenti poco o per nulla discussi ci sono Elisa e Matilde di Fratture, newsletter mensile che racconta il mondo penitenziario in Italia e le sue contraddizioni.
Ascolta il podcast di e con Andrea Pistorio:
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In Francia, dal 2014, il nuovo approccio di giustizia riparativa offre alle vittime e agli autori dei reati la possibilità di dialogare all'interno di sistemi sicuri, supervisionati da professionisti e volontari come Judith, Fanny o Michel. Nassim, Issa e Thomas, condannati per furto con violenza; Grégoire, Nawelle e Sabine, vittime di furto in casa, rapina e scippo; ma anche Chloé, vittima di stupro incestuoso: si impegnano tutti per cercare di ottenere il massimo da queste misure di giustizia riparativa. Nel loro cammino c'è rabbia e speranza, silenzi e parole, alleanze e cuori spezzati, consapevolezza e fiducia ritrovata. E alla fine del percorso, a volte, c'è anche un po' di quella rigenerazione che si stava cercando.
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